A Georgica 2022 si va alla ricerca di riti ancestrali che ancora oggi sopravvivono.
In tanti ne abbiamo sentito parlare o sperimentato personalmente per una “storta” o per il “fuoco di Sant’Antonio” le pratiche delle segnatrici o guaritrici dei nostri territori che, attraverso le loro tecniche terapeutiche hanno, come obiettivo primario, il rimedio per il corpo. È la cosiddetta medicina tradizionale, o popolare, messa in opera nei secoli soprattutto da parte di donne. Tecniche di guarigione tradizionali che hanno le proprie origini nella credenza del potere arcano dei simboli, dei gesti, delle immagini e delle parole. Una antica pratica molto diffusa da noi che non è morta, anzi in tempi di visioni olistiche dell’essere umano si è rafforzata con la conseguente rivalutazione della figura delle guaritrici e delle tecniche di guarigione popolari.
Sabato 16 aprile, nello spazio del Teatro del Vento, alle ore 18.00, Georgica al Lido Po di Guastalla conduce il pubblico in un affascinante viaggio culturale alla scoperta di queste pratiche e ospita una conversazione con l’antropologa Antonella Bartolucci che parlerà delle segnatrici, le famose guaritrici del territorio emiliano a cui ha dedicato vent’anni di studi dal 1992 al 2016, pubblicandone gli ultimi esiti in Le Streghe Buone. I simboli, i gesti, le parole. Come muta la medicina tradizionale nell’era di Internet (ed. Aliberti 2016). Antonella Bartolucci è antropologa. Ha svolto ricerche presso l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali di Bologna (IBC) e presso il Centro studi Etno-Antropologici della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, per la quale tiene, a tutt’oggi, seminari.
La ricerca antropologica condotta dalla Bartolucci e di cui parlerà a Georgica 2022 è dedicata allo studio sul campo di queste pratiche semiclandestine di cura prevalentemente femminili, tramandate di generazione in generazione, spesso protette dal segreto e lontane dalle leggi del mercato, che affrontano con la «segnatura» varie patologie – chiamate localmente “fuoco di S. Antonio” detto anche fuoco sacro (nome scientifico, herpes zoster), “storte”, “verminosi”, “colpo della strega” – e si esercitano attraverso l’impiego di parole, simboli e gesti.
Tante le scoperte. Ad esempio, la trasmissione del sapere da parte di un guaritore alla persona prescelta si chiama lascito. Non esiste una regola esplicita a proposito del lascito, che avviene prevalentemente tra donne e in ambito familiare. Attualmente il lascito viene trasmesso da nonna a nipote: una scelta obbligatoria qualora esista la regola di dare il lascito, al più giovane della famiglia.
Nella segnatura sono sempre presenti croci, spesso in numero di tre (numero magico), preghiere, formule, acqua, sale, un cerchio. Al termine della cura, il paziente deve fare un’offerta in denaro o in natura all’officiante, anche irrisoria, dunque assolutamente simbolica. Illuminanti sul tema del dono le osservazioni di Mauss.
La Bartolucci nella sua ultima pubblicazione utilizzando i nuovi canali web ha esteso la ricerca in tutta l’Emilia-Romagna e in varie parti d’Italia, potendo così confrontare esperienze diverse connesse ai differenti territori toccati. Inoltre ha messo in luce come attualmente tra guaritore e paziente sia possibile un rapporto a distanza con le nuove tecnologie informatiche.
Infine non va dimenticato che le radici della professione del guaritore affondano nella civiltà contadina: ancor oggi il ricorso al guaritore si fonda essenzialmente su un passa parola tra parenti, amici e conoscenti.
Patrizia Paterlini
foto di Enrico Rossi