Domenica pomeriggio a Georgica 2023 si andrà alla scoperta di antiche sementi con l’attore-agricoltore custode Andrea Gherpelli di Correggio a cui per i “Biscotti Arditi” è andato il prestigioso Premio Villani, assegnato dall’Accademia Italiana della Cucina, fondata nel 1953 da Orio Vergani. Il Premio Villani viene assegnato soltanto a prodotti artigianali di comprovata tipicità locale, con una tradizione da mantenere e tutelare.

Gli abbiamo posto alcune domande sul suo approccio all’agricoltura e su come  conservare e commercializzare gli antichi semi, ma anche sulle sfide che deve affrontare chi decide di intraprendere una agricoltura rispettosa dell’equilibrio naturale.

Come si differenzia il suo approccio all’agricoltura rispetto alle pratiche tradizionali?

Ho deciso di rivisitare l’approccio all’agricoltura che veniva applicato nella nostra azienda agricola di famiglia, ma anche nella maggioranza delle aziende agricole di questa zona, che prevedeva un’agricoltura viziata, moderna, d’alta prestazione e ricca di trattamenti chimici, lontana da un equilibrio naturale.

Sentivo infatti il desiderio di ritrovare un equilibrio, che prevedesse anche, banalmente, il discorso legato all’eco-sostenibilità del lavoro agricolo, vocato alla produzione di alimenti. L’alimentazione corre il rischio di essere l’attività che produce più inquinamento al mondo, se non stiamo attenti; le produzioni alimentari che hanno come obiettivo il basso prezzo, costeranno poco al cliente finale a livello monetario, ma hanno spese incredibili a livello di inquinamento globale. Si crea, quindi, un circolo che non contiene virtù, ma tante problematiche che inevitabilmente verranno a galla: quando le persone si saranno saziate col cibo a basso costo, si ritroveranno in un mondo che si surriscalda, che ha problematiche legate all’inquinamento, alle polveri sottili, ai trattamenti chimici sparsi per l’aria quando c’è vento; ecco che allora tutti questi problemi diventeranno problemi di tutti.


Come in moltissimi nuclei familiari, anche noi abbiamo avuto le nostre problematiche alimentari: io sono figlio di contadini, nato e cresciuto in campagna, e a un certo punto della mia crescita mi sono sorte molte domande e mi è venuto spontaneo cercare di tornare alle origini. È stato l’unico modo che ho trovato per andare incontro a tutti questi obiettivi, che dal mio punto di vista sono virtù, che se diventano esempi da seguire possono creare dei benefici al lungo raggio.

Quale ruolo ha giocato la sua formazione personale nell’intraprendere questa carriera?

Io ho fatto tanti studi che riguardano l’agricoltura e argomenti affini, ma sono anche un ingegnere e la mia laurea mi ha aiutato molto a sviluppare un progetto più complesso, che non prevedesse la sola coltivazione dei grani antichi come può fare chiunque ormai, ma un tipo di percorso molto più approfondito e serio.

Oggi ho una consapevolezza di quello che faccio molto più completa rispetto a chi acquista i semi di grano antico, li semina, li trebbia e vende la farina; questo è un lavoro che può fare chiunque oggi, ma la custodia delle varietà antiche no. Per questo sento di discostarmi molto da tutti quelli che producono farine di mix di grani antichi e le mettono sul mercato, perché io faccio un altro lavoro, produco farine, ma seguendo un processo che è completamente diverso. I nostri sono semi che sono stati recuperati dalle banche del germoplasma e dalle associazioni di agricoltori custodi sparse per il globo, li ho poi fatti moltiplicare in piccolissime parcelle dell’orto e, anno dopo anno, mietendole a mano e riseminandole, siamo arrivati ad avere 18 ettari di coltivazioni.

Un’agricoltura priva di elementi chimici è quindi un obiettivo che si pone?

Un’agricoltura priva di elementi chimici è solo uno degli obiettivi che io ho raggiunto, perché la strada che ho intrapreso riguarda la totalità delle buone pratiche agricole, ovvero quella lista di attenzioni agricole che hanno stimolato la nascita del biologico moderno. Il biologico moderno è solo una parte della grande banca dati delle buone pratiche agricole che, se seguite, fanno sì che l’agricoltura resti in equilibrio eco-sistemico.

Rimettendo in moto tutte le macchine che c’erano nei primi del Novecento nelle aziende agricole, ad esempio ho dato la possibilità a questi semi antichi di riadattarsi alla nostra epoca storica e al mio reale; il seme, quindi, di anno in anno ha migliorato le sue prestazioni ed è ora lui stesso a generare l’agricoltura naturale, io non faccio nulla, se non riseminarlo, di anno in anno in anno, dandogli la possibilità di diventare sempre più forte. Questo è il processo che sta sotto la generazione dell’agricoltura naturale e di equilibrio, ed è quello che discosta la mia figura, cioè quella dell’agricoltore custode, da altri agricoltori anche biologici, perché, ad esempio, il biologico non prevede la moltiplicazione del seme in azienda.

Come ha intrapreso questo percorso?

Sono partito a tutta velocità tanti anni fa, quando l’interesse verso i grani antichi era molto più basso, ho creato così la mia banca del germoplasma in azienda e oggi ho più di 300 varietà disponibili, le tengo nel freezer e piano piano di anno in anno le moltiplico, e le mantengo tutte in purezza. Ho costruito, internamente all’azienda, una piccola azienda sementiera, che mi consente di moltiplicare il seme, ed è questo che mi rende un agricoltore custode. La custodia del seme ha un valore, che non è solo agronomico ma anche storico, perché riesco a tenere in vita delle sementi che altrimenti sarebbero perse o bloccate in qualche freezer in giro per il mondo, invece in questo modo la variabilità dei semi è disponibile, non soltanto per me, ma per tutti i miei clienti. Con questi semi faccio le farine, trafilo pasta, faccio i biscotti, i grissini e il pane fresco, produco quindi tutto ciò che serve per potersi alimentare.

E come commercializza i suoi grani? Ha un suo marchio?


Casa vecchia è la realtà dentro la quale è nato questo progetto, ma l’azienda agricola è più grande, in realtà. Il progetto di cui parlo fa capo a agricoltoricustodi.it, il portale che descrive tutta l’attività della mia famiglia. Negli anni ho poi registrato il marchio Natura Maestra, un marchio che rappresenta tutti i prodotti che derivano da questo mio approccio lavoro. La linea di prodotti Natura Maestra sono quindi i prodotti che derivano dal progetto Agricoltori Custodi, nato in seno all’azienda agricola Casa Vecchia di Correggio, che usiamo dal 1933.

Come vengono commercializzati i suoi prodotti?

Con lo spaccio in azienda, con i mercati che faccio a Bologna, a Firenze, con alcune fiere, con un esempio Georgica o Piante e Animali Perduti, o con altre fiere che consentono l’incontro con un pubblico d’interesse, ma anche con le spedizioni. Durante il covid abbiamo fatto consegne a domicilio e spedizioni in tutta Italia, dalla Sicilia all’Abruzzo, ma anche in Sardegna, Spagna, e a Parigi. Lavoriamo anche a stretto contatto con nutrizionisti e medici; i nostri prodotti sono adatti a chi ha alcuni problemi di salute, come, ad esempio, il diabete gestazionale, e abbiamo molti clienti che riescono a tenere a bada delle problematiche di salute partendo proprio dalla alimentazione.


Negli anni si è sviluppata una bella rete di contatti che consente di far girare le quantità di grano che io produco. Il mio scopo è sempre stato quello di coltivare tutta la terra che avevo a disposizione, ma anche di avere un gruppo di persone intorno che credono tanto quanto me in questo lavoro e a cui destinare i miei prodotti. Quando i miei clienti acquistano da me, non è solo per finanziare la produzione, ma soprattutto per permettermi di andare avanti e migliorare sempre il lavoro che faccio. A me è sempre piaciuto questo, creare una comunità intorno al grano che, fondamentalmente, significa tornare indietro di millenni con la storia; fa sentire tutti molto più uniti, perché è qualcosa che ci lega ed è sempre stato così.

Tra tutti i grani antichi che coltiva, quali sono i suoi preferiti?

Noi coltiviamo il farro monococco, che è un farro che è presente da circa 12 mila anni sul pianeta, è quindi una varietà che si può definire il capostipite di tutti i cereali, da cui derivano tutte le varietà di grani esistenti. Oltretutto, se è sopravvissuto a 12 mila anni di semine e raccolte significa che è un cereale che ha delle capacità di adattamento straordinarie, è ricco di betacarotene e fa una farina molto morbida.

Sono molto legato a questo cereale perché ha delle caratteristiche nutrizionali e di facilità di digestione che sono prorompenti; forse non tutti sanno che in natura non esistono i fermenti di forza, i fermenti delle farine che causano gonfiore sono fermenti che sono stati introdotti dal lavoro genetico dell’uomo, ma la natura non li prevede. Perciò tutti i grani che sono realmente antichi e che fanno parte della tradizione cerealicola, sono frumenti che danno vita a focacce e pane con delle alveolature molto più piccole e regolari.


Poi ci sono altri cereali che ho moltiplicato e che mantengo, ad esempio c’è il Poulard di Ciano D’Enza, un colosso di due metri che viene coltivato in campagna con una spiga nera molto lunga, è un frumento che viene botanicamente chiamato turgido perché è un semiduro, ed è straordinario perché noi lo usiamo per fare pasta oppure in parte per nobilitare la panificazione. Inoltre, fa parte della storia delle terre matildiche, dove io abito e sono cresciuto, e l’ho voluto ricercare proprio perché aveva un legame con il mio territorio.

E poi ci sarebbe il grano del miracolo, o ancora il  frumento “ardito”, che ha origine nel 1920 ed è un frumento che io ho introdotto e dal quale attingo per i biscotti che ho chiamato arditi e che hanno ricevuto il Premio Villani, un premio molto importante assegnato dalla Accademia Italiana della Cucina nel 2022.

Se dovesse dare un consiglio a chi si vuole avvicinare a una esperienza di agricoltura, ovviamente sostenibile, quale sarebbe?

La prima cosa che mi viene in mente è di mettere di discussione le convenzioni, perché le convenzioni nascono da accordi silenti che vengono presi da più parti, che in realtà possono non essere così utili allo sviluppo creativo. Bisogna quindi, come prima cosa, riuscire a liberarsi dalle convenzioni e formare un proprio pensiero creativo.
La seconda cosa è che la natura trasmette l’importanza della biodiversità e dell’espressione dell’elemento agricolo: questo per me è stato un grande insegnamento. Ho sempre cercato di esprimere la mia stessa biodiversità sperimentando su più campi: sull’agricoltura, ma anche con la creatività e l’arte: il percorso attoriale che ho portato avanti e che continua a esistere, parallelamente a questo impegno agricolo.


Questo è ciò che consiglio, indagare un po’ su di sé, cercare di capire quali possono essere le proprie possibilità di sviluppo creativo e portarne avanti più di una, perché soltanto così riusciremo ad esprimerci veramente e non starà a noi decidere quali di questi percorsi sarà quello prioritario.
Quando vado a studiare un personaggio, e mi trovo calato in una realtà che è lontana dalla mia, mi fa scoprire dei mondi nuovi e diversi, anche emozionalmente, e questa cosa mi permette di vivere una nuova esperienza. Così posso tornare qua, arricchito e con tantissime nuove idee. Alla fine si germoglia in tanti modi, no?

Articolo di Patrizia Paterlini, foto Andrea Gherpelli e Sergio Marcheselli